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di Gianni Viola

MARTE TRA STORIA E LEGGENDA
di Luigi Prestinenza

Se riuscissimo a dimostrare che un autore abbia espresso un concetto sbagliato; se constatassimo che un altro autore abbia prefazionato positivamente l'opera del precedente, peraltro esprimendo precisi riferimenti di approvazione nei confronti dei concetti di cui sopra, contenuti nell'opera prefazionata, alfine potremmo dedurre senz'altro che il primo e il secondo si eguagliano in quanto a livello culturale e modalità di approccio, nei confronti del soggetto trattato.
È questo senz'altro il caso del libro di Luigi Prestinenza "Marte tra storia e leggenda", prefazionato dall'astrofisica Margherita Hack.
Per motivi di funzionalità, limitiamo la nostra trattazione nelle 36 righe dedicate ad una questione che l'Autore chiama "La faccia umana", nell'ambito della quale lo stesso concentra un numero incredibilmente alto di inesattezze, di errori di valutazione, di non conoscenza di dati scientifici e nondimeno di deduzioni basate su alcun dato verificabile.
Cosa dice il Prestinenza in queste 36 righe?
Afferma innanzitutto che la questione della "faccia umana" di Marte - ovvero la struttura che gli anglofoni chiamano, con una bruttissima espressione, "Face on Mars" (e noi "Volto di Cydonia Mensae", dalla regione in cui è localizzata) - "ha scatenato molte fantasie".
Naturalmente questa rappresenta la prima inesattezza, poiché semplicemente tale questione ha suscitato, da sempre, un legittimo interesse che si è espresso - tenendo conto degli studi più seri - in un'analisi scientifica dell'immagine in questione.

Se consideriamo in qual modo il Prestinenza localizza la struttura in oggetto, abbiamo già un'altra sorpresa, sentite... "Regione boreale di Cydonia, così denominata da Schiaparelli oltre i 50° Nord".
Tale linguaggio, tipico degli astrofili, dimostra che non si tiene conto che l'inizio dell'era spaziale abbia, di fatto, scalzato il potere dell'astronomia, in un ambito che di "astronomia" non possiede nulla; cita Schiaparelli e pure a sproposito, poiché le localizzazioni fatte all'epoca dal grande astronomo italiano, erano svolte sulla base di difficilissime osservazioni telescopiche. Oggi, invece, le dettagliatissime rilevazioni satellitari effettuate sin dal 1972 e fino al presente, ci consentono di fare a meno di quelle farraginose definizioni, peraltro imprecise, e di usare al suo posto un linguaggio "geografico" (nel caso di Marte "areografico") che escluda termini arcaici e obsoleti.
In maniera precisa, non è esatto dire "Regione Cydonia", va detto invece "Cydonia Mensae", ovvero "Altopiano di Cydonia" e tale altopiano non si trova oltre i 50° N, ma si estende dai 30 ai 40° N.
Come si vede, siamo proprio al di là di una minima conoscenza dei dati necessari.

Altra frase del Prestinenza: "C'è il dorso di una collina che simula l'aspetto di una faccia umana, con gli occhi e il naso, in momenti di particolare illuminazione. Si tratta di un semplice gioco di luci".
Queste espressioni non sono vere. La struttura è stata fotografata sotto diverse angolazioni e in diverse ore del giorno e a distanza di quasi 30 anni, l'immagine ripresa è risultata assolutamente "identica" alla prima rilevazione. In particolare, le riprese della Mars Odyssey del 2004 hanno riconfermato e ridefinito quanto già ripreso dalla Viking 1 nel 1976.

Tanto per non lasciare nulla al caso, il Prestinenza parla del "ritorno dei Marziani" e fa cenno ad "alcune elevazioni di forma inconsueta, promosse immediatamente a piramidi di un complesso monumentale che nella 'Faccia' avrebbe la propria Sfinge, come nel celebre aggruppamento egizio di Giza".
La verità è che nessuno ha promosso immediatamente alcuna strana elevazione al rango di piramide. Semplicemente esse, essendo state rilevate nelle medesime condizioni tecniche in cui sono state rilevate le piramidi egizie (ma non solo quelle), "devono necessariamente essere considerate 'piramidi', così come lo sono le strutture terrestri".
Per questo motivo il commento in se stesso è solo "folclore" e non ha alcuna valenza scientifica.

In linea con il "pensiero unico canonico" (dogma nelle nostre Grandi Università), il Prestinenza dice, ma non lo dimostra (e non potrebbe dimostrarlo), che "lassù" non potrebbero esistere esseri uguali a noi, perché le diverse condizioni climatiche - secondo lui - avrebbero necessariamente dato origine a esseri diversi da noi.
Questa posizione non appartiene alla scienza, ma alla fede, perché si basa sull'evoluzione, che, in quanto teoria, non può dimostrare nulla oltre se stessa!
Il Prestinenza esclude, e non potrebbe farlo, che l'uomo terrestre non sia solo terrestre, ma cosmico e che si possa trovare su Marte come si sia trovato sulla Terra.
Discorsi troppo difficili e troppo distanti per una mentalità ristrettamente "da banchi di scuola"...

Dopo queste alte argomentazioni, il Prestinenza ci riserva altre interessanti sorprese. Dice che per dimostrare l'artificialità delle immagini e della sfinge (marziane, s'intende) sono stati costruiti dei "falsi" e in questa affermazione chiama a testimone una rivista del Cicap "Scienza & Paranormale".
Questo è il "colmo dei colmi", poiché la NASA ha effettivamente costruito dei falsi (la NASA, non gli altri...) e lo ha fatto nel 1998 e nel 2001 (con la le immagini "piratescamente" attribuite alla sonda Mars Global Surveyor), e in tono minore nel 2002, con una ripresa altrettanto piratescamente attribuita alla sonda Mars Odyssey.
Tutte queste porcherie sono state dimostrate "tali", dalle ultime riprese della "Faccia di Marte", effettuate dalla stessa Mars Odyssey nel 2004 e con ciò la questione è stata definitivamente chiusa e conclusa, ma il Prestinenza non sa né di questo, né d'altro...

Infine, come da copione, il Prestinenza tira fuori la solita manfrina riguardante i finanziamenti che occorrono alla NASA per "tirare avanti". E la faccenda della "Faccia di Marte" viene inserita nel novero degli espedienti che l'ente spaziale statunitense avrebbe messo in campo per cercare fondi per l'esplorazione, dopo che è stato dato molto spazio alle imprese degli Shuttle. Insomma, sempre la solita salsa...

Come poc'anzi accennato, il libro di Prescienza ha ricevuto la "prestigiosa" prefazione di Margherita Hack.
Ora, dopo aver dimostrato "ad abbundantiam" che il Prestinenza, almeno con riferimento alla questione del "Volto di Cydonia", che lui indica con l'espressione "faccia umana", ha espresso una serie di giudizi del tutto slegati da un procedimento scientifico verificabile, è interessante andare a vedere se la prefazione della Hack abbia fatto cenno a tale questione ed in quali termini.
Il quesito che ci siamo posti è molto semplice: possibile che tali grossolane incongruenze, che noi siamo riusciti ad evidenziare in maniera semplice e lineare, siano sfuggiti all'attenzione di una studiosa di cotanta fama?
La risposta è in ciò che la Hack afferma nella prefazione ed è una risposta strabiliante. Sentite voi stessi...

La Hack dice che Prestinenza "è un giornalista scientifico da sempre appassionato di astronomia, argomento che tratta con grande competenza".
Sebbene questa affermazione potrebbe a prima vista sorprenderci, in effetti essa è in linea con un "corpus" canonico che fa dire alla stessa che nelle osservazioni al telescopio, del 2003, in direzione di Marte parecchie centinaia di visitatori degli osservatori astronomici "forse sono rimasti delusi, immaginando di vedere chissà quali dettagli".
Già questa affermazione indica una distanza siderale fra la realtà dei fatti (ovvero, che al telescopio si vede poco o nulla) e l'aspettativa dei "visitatori", peraltro "poveri diavoli" imboniti dagli stessi astronomi e indotti a credere nella bontà dell'astronomia, riguardo lo studio di Marte e nel contempo tenuti all'oscuro (perché ciò sarebbe pericoloso) che esiste un'abbondante documentazione fotografica, che oggi dà conto e ragione della realtà di quel pianeta. Ma guai a dirlo, anzi, tutto il contrario, e poi si ironizza pure sulla delusione dei "fedeli"...
La Hack si chiede - lo fanno tutti e nello stesso modo - se su Marte esistano forme di vita batteriche, le uniche peraltro "tollerabili" da una scienza che non potrebbe confrontarsi con altre realtà "umane", allo stesso modo di come il decalogo mosaico recita "Non avrai altro dio fuori di me"! È il corrispettivo speculare della realtà religiosa, il suo contrario e il suo doppio, il suo complemento! Altro che scienza laica...

Naturalmente nella prefazione della Hack non poteva mancare il solito tormentone riguardante i canali di Marte. Questi se li sognano la notte, come gli yankee hanno sempre presente la bandiera a stelle e strisce.
Inutile ricordare alla Hack che la storia dei canali di Marte ebbe il grande merito di aprire la scienza (quella vera, non quella di plastica di oggi...) alla prospettiva della presenza di vita intelligente su Marte, mentre oggi il fanatismo scientista prevede, ma senza alcun fondamento, che lassù non vi potrebbero essere null'altro che batteri.

Altro dato da porre in campo è l'accenno della Hack ad un'altra "fesseria" espressa da taluni, che avrebbero avanzato l'ipotesi in passato dell'esistenza di vegetazione su Marte. Ebbene, nel passato quelle ipotesi furono fatte effettivamente sulla base di osservazioni telescopiche certamente ingannevoli. Oggi sulla base di rilevazioni satellitari (della Mars Global Surveyor) tale vegetazione è stata realmente rilevata.
La Hack ovviamente non ne sa nulla. Sa solo ciò che le passa il convento...

Dalla prima missione del 1965 sono passati 45 anni. La Hack non se n'è accorta, come del resto neanche il Prestinenza.
Nella prefazione l'astronoma scrive che le prime missioni "ci mostrano un paesaggio desertico, ricco di crateri, che lo rendono più simile alla Luna che alla Terra". Da allora qualcosa è cambiato?
La Hack non lo sa, perché non ne fa cenno. È vero che parla di letti di grandi fiumi e di testimonianze "forse anche (di) oceani", ma non si dà pena di andare ad esaminare le 7.000 immagini della Mariner 9, né le 55.000 delle Viking, che hanno offerto di quel pianeta un aspetto incredibilmente vario e variegato. Potenza dell'astronomia!
Ti fa vedere poco al telescopio e nulla nelle rilevazioni satellitari. Ma a cosa serve l'astronomia se ti impedisce di vedere ciò che è stato rilevato dalle sonde automatiche?

Naturalmente tutti questi elementi espressi dalla Hack sono propedeutici per l'esploit finale riferito alla "Faccia su Marte" che, infatti, occupa un posto di tutto rispetto nelle tre paginette di prefazione, ovvero la parte finale-centrale della terza pagina, posta bene in vista.
Sentite cosa ha da dire a tal proposito l'astronoma. Riferendosi alla situazione di Marte (che come ben sappiamo, anzi come sanno loro - noi no! - non vi è nulla di artificiale), così si esprime: "Ma la voglia di fantasticare, di credere a una passata civiltà marziana non si è arresa davanti alle osservazioni dallo spazio".
Qui è d'obbligo almeno una domanda: di grazia, a quali osservazioni "dallo spazio" si riferisce mai la Hack? A quelle che lei dimostra di non conoscere e di non aver mai analizzato? Perché, se le avesse analizzate, sarebbe almeno venuta a conoscenza dell'1% di ciò che noi sappiamo, solo in ordine all'esame delle immagini satellitari. E perché lei non avrebbe potuto analizzare le medesime immagini che abbiamo analizzato noi e sempre secondo i termini del metodo scientifico sperimentale? Perché la Hack cita elementi che "non conosce"?
Ma andiamo avanti...
La Hack precisa che "in un gioco di luci e ombre, di disposizioni casuali di grossi sassi, qualcuno ha creduto di vedere la testa di una sfinge, e anche delle piramidi".
La verità è che nessuno ha creduto di vedere alcunché, al contrario, utilizzando i "medesimi" parametri già utilmente adottati per la rilevazione della superficie della Terra, trasponendo la medesima metodologia e in tal fatta utilizzandola su Marte, alcuni studiosi hanno analizzato (fotointerpretato) le immagini satellitari e ne hanno desunto la struttura, laddove le condizioni fotogrammetriche ne hanno consentito delle deduzioni scientificamente corrette.
Dunque, nessuna fantasia, nessun volo pindarico e soprattutto, nessun riconoscimento di "Sfingi", queste sì, solo presenti, nelle fantasie di chi dimostra di essere totalmente a digiuno di elementi di analisi fotointerpretativa.
Ma ancora non siamo giunti al finale...

Ecco la sorpresa che ci riserva la Hack, una vera perla da primato. Ella infatti afferma che: "Sonde capaci di dare migliori dettagli hanno sfatato anche queste credenze".
Sentite, sentite... la Hach chiama "credenze" delle correttissime analisi scientifiche, sol perché non si adattano ai dogmi della loro "scienza canonica", sol perché non si allineano ai dettami di un catechismo medioevale, che intenderebbe impedire ciò che la logica impone, ovvero la distinzione funzionale fra osservazione telescopica e rilevazione satellitare.
Insomma vorrebbero che l'astronomia non si facesse da parte per far posto alla nuova disciplina della planetografia, che dell'astronomia, ovviamente, non sa che farsene.
Questa vera "archeologia astronomica" continua ovviamente ad infestare il mondo della scienza (accademica) e a produrre, purtroppo dei "mostri" (ex studenti, poi docenti, a loro volta, riproduttori di altri studenti e così via...) che vorrebbero bloccare la ricerca, perché questa nega la loro "finta" intelligenza.

Che cosa intendeva dire la Hack parlando di "sonde capaci di dare migliori dettagli" che, a suo dire, "hanno sfatato anche queste credenze"?
Voleva dire null'altro che delle immagini "migliori" hanno annullato le immagini precedenti, che erano "peggiori"...

Ebbene, per non farla lunga, ci onoriamo di informare la Hack, che le immagini del 1976, essendo già ad alta risoluzione e con un rapporto "distanza-risoluzione", posto entro termini fotogrammetricamente favorevoli, dunque mostrando nelle immagini ciò che esiste nella realtà, non necessitavano di alcun ulteriore controllo; e tuttavia informiamo la stessa che due "controlli" effettuati dalla sonda Mars Odyssey nel 2004, con risoluzioni aumentate, confermarono in toto le immagini precedenti.
Ovvio che tali circostanze siano sfuggite alla Hack e, in tal guisa, abbiano concesso l'onore e il piacere di prefazionare il libro di Prestinenza. Se la Hack, viceversa ne avesse avuto cognizione e contezza, non avrebbe potuto in alcun modo introdurre il lavoro di Prestinenza e dirne tanto bene. "Sic transit gloria mundi"...

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