interkosmos.it - di Gianni Viola

Pianeta Marte - di Gianni Viola Autore   Contatti    Cerca      Home     
  Interkosmos 2011  
Mars Exploration ProgramLa civiltà di Marte di Gianni Viola - Clicca qui per consultareMars

Tutti gli articoli di Interkosmos ARTICOLI...

 
IL MITO DEL "DIGITALE"

di Gianni Viola
 
 

Da più parti si sostiene la tesi della superiore qualità delle immagini satellitari digitali, al momento utilizzate, rispetto alle immagini analogiche.
A tal proposito vale la pena rilevare quale sia realmente la differenza sostanziale tra una macchina fotografica tradizionale e una fotocamera digitale.
Posto che la parola "fotografare" significa "scrivere con la luce", la differenza consiste principalmente nel diverso modo di registrare un'immagine:
  • su pellicola, nelle fotocamere analogiche;
  • mediante un dispositivo ad accoppiamento di carica detta CCD (1), concettualmente simile ai sensori utilizzati per le acquisizioni da satellite, nelle fotocamere digitali.
Tale procedimento consente di ottenere immagini mediante tecnologie elettroniche direttamente in forma digitale e di memorizzarle su un supporto magnetico, ottico o elettronico.
Il processo tradizionale d'acquisizione fotografica consiste in:
  • scelta dei materiali fotografici: camera, obiettivi, tipo e sensibilità della pellicola;
  • sviluppo fotochimico ed eventuale stampa.
Il processo fotografico avviene in più fasi operative progressive, mentre con l'acquisizione digitale si ha la disponibilità immediata delle immagini e la possibilità di controllo di tutte le fasi di lavoro.
In questo caso, il processo fotogrammetrico tradizionale si riassume nei seguenti punti:
  • acquisizione/registrazione delle immagini;
  • orientamento delle immagini e ricostruzione del modello tridimensionale dell'oggetto attraverso tecniche stereoscopiche;
  • restituzione, cioè misura dell'oggetto e formalizzazione numerica o grafica delle sue caratteristiche dimensionali.
I vantaggi del "digitale" rispetto al processo fotografico analogico si possono riassumere nei seguenti cinque punti:
  • elevata risoluzione radiometrica;
  • a parità di tempi di ripresa, maggiore rapidità nell'avere a disposizione l'immagine;
  • facoltà di elaborazione digitale;
  • riproducibilità identica dell'originale, in tempi brevi e a costi contenuti;
  • possibilità di inserimento in sistemi informativi e di gestione.
Dei cinque vantaggi su elencati, gli ultimi tre coincidono con le immagini tradizionali, poiché tramite la scansione di un'immagine (stampata, oppure sotto forma di negativo o diapositiva) è possibile rendere digitale l'acquisizione analogica.
A questo punto rimangono due vantaggi, di cui l'uno riguarda il fattore tempo, che ovviamente non può in alcun modo essere annoverato fra gli elementi di qualità, l'altro, riguarda la risoluzione radiometrica ed in questo caso si tratta di un fattore quasi totalmente disatteso nella pratica delle immagini satellitari (planetarie) dell'ultima generazione di satelliti, perché la maggior parte delle riprese ottenute da tali missioni, presentano caratteristiche proprie o assimilabili all'uso del "falso colore". (2)
Per quanto sopra detto, è possibile affermare che, nella sostanza, la differenza di qualità fra le immagini digitali e le immagini analogiche, riguarda fattori che non hanno alcuna attinenza con l'adesione dell'immagine alla scena reale ripresa, bensì attengono a fattori accessori che non intaccano il valore obiettivo dell'immagine medesima.

Chiariti i termini tecnici della questione, dobbiamo ora comprendere il valore dei comportamenti "antropologici" connessi all'uso più massiccio della tecnologia digitale.
La semplificazione apportata dal digitale ha creato una sorta di "esercito di leva" di fotografi con un tratto evidente (e incipiente) d'analfabetismo fotografico.
Mentre un tempo il "fotografo" era un'artista padrone della tecnica di ripresa, le cui diverse modalità di applicazione davano risalto all'ingegno personale, oggi le immagini digitali sono tutte uguali: tutte pronte in fretta e senza cura alcuna dei particolari (e degli errori), tanto, alla fine, sarà il computer ad aggiustare ogni cosa, ad eliminare tutti i difetti riscontrati.
I programmi d'elaborazione grafica e video (i famosi "software") producono solo immagini finte che, poco alla volta, trasformano una vera possibile immagine in un vero reale "ologramma". (3)
Tali programmi d'elaborazione permettono l'uso della cosiddetta "grafica vettoriale" su immagini fotografiche.
Tale tecnica riesce ad immortalare, nella camera oscura digitale, anche ciò che non esiste o che non è visto davanti all'obiettivo.
In altre parole è stato superato il limite "logico" che un tempo confinava la fotografia nel contesto d'una riproduzione fedele della realtà.
Interessante a tal proposito quanto leggo nel recentissimo "Manuale di fotografia" di Silvio Mencarelli (4), il quale dice che "[...] fondamentalmente in fotografia è possibile realizzare soltanto due tipi d'immagine: costruendo completamente e artificialmente la scena da riprendere, scegliendo a nostro gusto le luci, l'ambientazione, la posa dei soggetti creando quindi noi una realtà visibile, o non intervenendo sulle caratteristiche della scena che stiamo vivendo: osservando quindi e riprendendo i soggetti e le situazioni senza intervenire."
Il Mencarelli più avanti precisa che "il primo caso è un falso, nel secondo invece fotografiamo ciò che "ci si propone e ci si rappresenta".
La parte fondamentale della "planetografia" è centrata sull'uso di materiale fotografico.
Com'è naturale e come ho letto ben a proposito in un'opera di geomatica (5), "lo scopo che si sono posti da sempre i fotografi è la fedele riproduzione dell'oggetto reale nell'immagine finale in termini sia risolutivi sia cromatici". (6)
Per tale motivo un'immagine va giudicata solo ed esclusivamente in conformità a tale parametro, dunque a proposito della capacità di riprodurre in termini tecnicamente validi una data scena osservata. Se tale obiettivo non fosse raggiunto, non potrebbe mai dirsi di trovarsi davanti ad una buona fotografia.
Non solo. Se la "fotografia" mostrata riproducesse dei particolari "inesistenti", non si tratterebbe propriamente di una fotografia, bensì di un'opera artistica, di un disegno, o come si dice oggi con un'espressione molto in voga (e molto brutta!), di una "digitally-created picture", ovvero di una "immagine creata per elaborazione digitale", o sinteticamente, di una pitto-fotografia con nessun rapporto concreto con la realtà che, invece, vi dovrebbe essere raffigurata.
Ciò che ora è possibile, tramite l'uso della tecnica digitale, non lo era un tempo e oggi appaiono sorprendenti, ma vere, e in un certo "nostalgiche" le parole contenute in un'opera apparsa solo un trentennio fa, ma già così distanti dai molti "progressi" (o regressi?) raggiunti dalla scienza odierna.
Ecco quanto leggiamo nel volume "Astrografia astronomica" di Walter Ferreri (7): "Ad alcuni parrà incredibile che esistano metodi per aumentare la nitidezza di una fotografia già scattata.. Questo perché è molto diffusa l'opinione secondo la quale la nitidezza sia un fatto esclusivamente oggettivo indicante il numero di dettagli contenuti in una fotografia. In realtà per nitidezza si intende non solo quanti dettagli si vedono ma anche come si vedono, cioè, detto in altri termini, una foto appare più nitida di un'altra perché i suoi dettagli sono caratterizzati da un maggiore microcontrasto o acutezza. Dunque se è certamente impossibile creare dettagli che non esistono è però possibile operare per renderli più visibili aumentando il loro microcontrasto."

Note:
1. Dall'inglese "Charge-Coupled Device".
2. Il "falso colore" è la rappresentazione di un colore mediante un altro, dove in un'immagine multispettrale, la banda corrispondente alla luce verde è normalmente codificata in blu, la banda della luce rossa in verde, e la banda della radiazione infrarossa in rosso. La combinazione di queste tre immagini, secondo le leggi della sintesi additiva dei colori, dà origine ad una nuova immagine a falsi colori, poiché i colori in questo caso rappresentati, sono diversi da quelli della scena reale.
3. Un ologramma è una rappresentazione tridimensionale dell'oggetto proiettato.
4. Edizioni Edup, Roma 2009 - pp. 12, 13.
5. Le "geomatica" è definita come un approccio sistemico integrato multidisciplinare per selezionare gli strumenti e le tecniche appropriate per acquisire (in modo metrico e tematico), integrare, trattare, analizzare, archiviare e distribuire dati spaziali georiferiti con continuità in formato digitale. Cfr. Mario A. Gomarasca, "Elementi di Geomatica", Associazione Italiana di Telerilevamento, Milano 2000; p. 1.
6. Mario A. Gomarasca - op. cit. p. 76.
7. Edizioni Il Castello, Milano 1977, p. 137.

Tutti gli articoli di Interkosmos

vai alla visualizzazione normale     invia questa notizia ad un amico

 
LA VERITÀ SULLA FINE DELL'U.R.S.S. - Gianni Viola
IL SOAVE PROFUMO DELL'IMPERIALISMO - Gianni Viola

Home | Autore | Perché InterKosmos? | Contatti | Cerca | Links
info@interkosmos.it  
Per i contenuti tutti i diritti sono riservati a Gianni Viola
InterKosmos

Gianni Viola Gianni Viola
Via Almerico 21 - 95018 Riposto - Catania (Italy) - Tel./Fax: 095-7791560

Realizzazione EdicolaWeb Edicolaweb.net
Via S. Maria a Cintoia 14/b - Firenze, Italy