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PIANETA MARTE...

 
1.1.4.9.1.
LA NASCITA DELLA QUESTIONE DEI "CANALI"

di Gianni Viola
 

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1.1.4.9. I "canali" di Marte: storia e leggenda »

I canali di Marte rappresentano una serie di sottili strutture scure osservate sulla superficie del Pianeta Rosso, sin dalla prima metà del XIX secolo e che, per la loro disposizione "apparentemente regolare", fecero immaginare che esistesse una civiltà extraterrestre operante sul pianeta stesso.
All'epoca in cui furono osservati, i canali furono descritti come accurate e drittissime linee, i cui archi, apparentemente tracciati con il compasso, facevano pensare a costruzioni artificiali eseguite da intelligenze superiori.
Padre Angelo Secchi della Specola Vaticana fu il primo a parlarne nel 1859. Tuttavia, solo vent'anni dopo, il caso esplose in maniera clamorosa. Si era nell'anno 1877. Marte passava vicino alla Terra a circa 64 milioni di km e all'epoca si disponeva già di telescopi sensibilmente migliorati rispetto al passato. Gli astronomi iniziarono un controllo sistematico del cielo in direzione dei Pianeta Rosso.
In Italia operava Giovanni Schiaparelli, direttore dell'Osservatorio di Brera a Milano, e considerato dalla scienza moderna "il più grande astronomo planetario dell'epoca" (1835-1910). Fu proprio Schiaparelli a confermare le fugaci osservazioni di Secchi: Marte era solcato da una rete di lunghi e sottili linee, che ne ricoprivano quasi tutta la superficie.
I disegni e le fotografie eseguite da Schiaparelli apparvero sulla stampa di tutto il mondo, suscitando notevole impressione negli ambienti scientifici. Le strutture lineari. osservate su Marte furono chiamate "canali".
Seppure molti associno l'idea dei "canali" al nome di Schiaparelli, quest'ultimo in realtà non pretese mai di esserne stato lo scopritore. Ancora prima di Angelo Secchi, gli studiosi Beer e Madler avevano ritratto alcuni canali nei disegni da loro prodotti ed anche il rev. Dawes aveva tracciato diverse linee riconducibili alle strutture che, in seguito, saranno interpretate come "canali". Altrettanto si può dire per le mappe proposte da sir Norman Lockyer, da De Larue di Kaiser e da Lassen nonché da Proctor, tutte anteriori alle osservazioni del 1877.
In relazione alle scoperte effettuate da Schiaparelli, la novità sembra dunque risiedere, non tanto nel riferimento all'esistenza su Marte di strutture interpretate come "canali", quanto nel fatto che le osservazioni dell'astronomo italiano assumevano, rispetto al passato, una dimensione organica. Schiaparelli, infatti, era riuscito a rilevare sulla superficie del Pianeta ben quaranta di queste formazioni e tutte apparenti con un'estrema chiarezza di contorni.
Nell'opera "L'esplorazione di Marte" di Ley-Von Braun (Feltrinelli, Milano, 1959) è scritto che "Schiaparelli si tenne discretamente a distanza dai contrasti che il suo annunzio aveva causato e non affermò mai esplicitamente di considerare i canali opere di esseri intelligenti". Però disse anche: "Mi guarderò bene dal combattere questa supposizione, la quale nulla include d'impossibile".
I canali furono nuovamente rilevati, e abbastanza bene, nelle due osservazioni del 31 gennaio 1894 e del 6 marzo 1886, poco dopo l'afelio marziano. Benché si trattasse di "opposizioni" poco favorevoli, durante l'osservazione del 1886, che, delle due era la meno interessante, alcuni osservatori annunciarono di aver visto dei "canali". Perrotin e Tholon, a Nizza, disegnarono una mappa parziale di Marte che mostrava più di due dozzine di canali e, oltretutto, la posizione dei canali rilevati in quelle occasioni coincideva con le posizioni rilevate dalle osservazioni di Schiaparelli.
Altri canali vennero osservati in Belgio, in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America. Iniziarono così a svolgersi numerose ipotesi, fra cui quella di Percival Lowell. Questi era un astronomo ex diplomatico, che si era costruito un osservatorio personale a Flagstaff nell'Arizona (USA) con l'obiettivo specifico di studiare Marte e, proprio in relazione a quest'ultimo, nel 1900 lo studioso riuscì a fotografare le strane formazioni insieme a curiose macchie, successivamente denominate "oasi" (Lowell disegnò fino a 800 canali, dal 1890 in poi).
Lowell era propenso a formulare l'ipotesi che si trattasse di "fiumi o canali artificiali", ma questa teoria venne avversata da molti studiosi, come ad esempio, E.E. Barnard degli USA, Antoniadi in Francia e Vincenzo Cerulli in Italia. A dire il vero Lowell inizialmente aveva accettato con riluttanza l'idea dei canali e della loro origine artificiale, ma dopo essersene convinto, aveva espresso la sua adesione con una significativa eloquenza: "Ora, nel caso particolare di Marte, abbiamo avanti a noi lo spettacolo di un mondo relativamente avanti negli anni, molto più vecchio della Terra. La sua superficie lo dimostra con la più cruda evidenza ed esso presenta inconfondibili segni di vecchiaia. Il trascorrere degli anni ha lasciato il suo marchio visibile: i continenti sono completamente appiattiti e i suoi oceani si sono ormai asciugati."
Lo studioso Desiderius Papp, stabilendo una relazione fra le macchie e i canali, affermava: "La natura (...) non prende in mano un regolo per tracciare fiumi e rettilinei, quali sono i canali di Marte (...)."
Altri scienziati, fra cui il francese Fournier, il britannico Slipher e lo statunitense Edward Pickering (quest'ultimo, in California, adottava lo spettroscopio per procedere ad una più accurata indagine chimica e fisica dell'atmosfera di Marte) si occuparono dei canali fotografando il Pianeta. Una prova decisiva in merito all'esistenza dei canali, venne fornita nel 1939 dal citato Fournier. Questi produsse alcune foto nitide dei giganteschi solchi, nelle identiche posizioni rilevate da Schiaparelli e Lowell. Altre documentazioni vennero prodotte attraverso i rilievi compiuti da Slipher. Scriveva quest'ultimo: "In una fotografia eseguita in Africa nel 1954, il cosiddetto canale Toroth è visibile in tutta la sua lunghezza in modo tanto chiaro da determinare l'aspetto generale dell'intero pianeta. Anche in altre foto è palese la rete di sottili linee che divide le regioni desertiche di Marte."
L'ultima osservazione ufficiale dei canali marziani avvenne il 3 giugno 1956, per opera di Gerard Kuiper. Otto anni dopo, la sonda "Mariner 4" riusciva a trasmettere a Terra le prime immagini ravvicinate (10.000 km circa) della superficie di Marte. Iniziava così un nuovo capitolo della storia di Marte.
Le grandiose intuizioni dei canalisti, riguardo anche all'esistenza su Marte di fiumi, mari, laghi attuali o "prosciugati", trovarono un nuovo impulso quando le missioni spaziali "Mariner 6" e "Mariner 7" (del 1969), e più ancora la "Mariner 9" (del 1972) fino a giungere alle missioni "Viking 1" e "Viking 2" (del 1976-1982), dimostrarono esatte le parti fondamentali delle ipotesi proposte dai "canalisti". Da quella data in poi la scienza ufficiale cercò (e cerca anche attualmente) di rimuovere dalla memoria tutto quanto quei pionieri erano riusciti a mettere in campo.
La verità, che va detta in maniera chiara, è che i canalisti in molti casi avevano ragione giacché alcune strutture osservate sono poi risultate realmente esistenti e vale ricordare che lo stesso Lowell aveva immaginato che alcuni "canali" potessero essere dei "fiumi", come, in effetti, si è riusciti ad appurare tramite l'osservazione satellitare dal 1969.

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