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SCIENZA E RICERCA SCIENTIFICA...

 
2.1.
L'ASTRONOMIA
E LE NUOVE METODOLOGIE DI OSSERVAZIONE

di Gianni Viola

[Mappa di Marte realizzata da Schiaparelli (1877) - 97K .jpg] [Marte visto al telescopio - 13K .jpg] [Marte visto al telescopio - 8K .jpg] [Marte fotografato dall'Hubble Space Telescope - 26K .jpg] [Porzione di Marte ripresa dalla sonda Mariner 4 (1965) - 41K .jpg] [Fotomosaico di Marte realizzato su immagini della sonda Mariner 9 (1972) - 18K .jpg] [Fotomosaico di Marte realizzato su immagini della sonda Mariner 7 (1969) - 30K .jpg] [Mappa telescopica di Marte (emisfero occidentale) - 100K .jpg] [Mappa telescopica di Marte (emisfero orientale) - 106K .jpg] [Mappa topografica satellitare di Marte, realizzata su immagini della sonda Mariner 9, Viking 1 e 2 (emisfero occidentale) - 170K .jpg] [Mappa topografica satellitare di Marte, realizzata su immagini della sonda Mariner 9, Viking 1 e 2 (emisfero orientale) - 172K .jpg]

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2. Scienza e ricerca scientifica »

L'astronomia può essere considerata la scienza più antica del mondo, e, per quanto ci è dato sapere, l'Uomo guardò il Cielo fino al XVII secolo solo ad occhio nudo, da quella data usando prima il cannocchiale, poi il telescopio e dal XX secolo in poi apparecchiature ancora più complicate e più potenti fino ai grandi telescopi a rifrazione e quelli newtoniani.
In ogni caso, all'epoca si era consapevoli del fatto che quegli strumenti erano l'unico mezzo, l'unica finestra da cui era possibile affacciarsi sul Cosmo e si era pure convinti di trovarsi di fronte a mezzi molto limitati.
Scriveva alla fine dell''800 il grande astronomo Giovanni Schiaparelli: (1) "Nelle belle sere dell'autunno passato una grande stella rossa fu veduta per più mesi brillare sull'orizzonte meridionale del cielo; era il pianeta Marte, che si accostava per qualche tempo alla Terra in una delle sue apparizioni, solite a ripetersi ad intervalli di 780 giorni." Poi esprimeva un profondo dispiacere profetizzando che tutti i misteri di Marte si sarebbero potuti risolvere solo quando fosse stato possibile prendere delle misure precise in relazione alle immagini fotografiche del Pianeta Rosso! (2)
Egli comprendeva che esisteva la possibilità di risolvere il problema "Marte" solo tramite l'osservazione ravvicinata, quasi una profetica visione della futura rilevazione satellitare! Sentite con quanto realismo, con quanta perspicacia e lungimiranza, si esprimeva: "Oggi è nata presso alcuni la speranza, che da osservazioni diligenti fatte sulla sua superficie con giganteschi telescopi, si possa ottenere quando che sia la soluzione di un gran problema cosmologico; arrivar cioè a sapere, se i corpi celesti possano dirsi sede di esseri intelligenti, o, almeno, di esseri organizzati."
Fino a quel momento, gli astronomi avevano cercato di avvicinare Marte alla Terra, restando sul nostro Pianeta. Era come tendere una corda e prendere al laccio il Pianeta Rosso, per cercare di osservarlo meglio. La cosa riusciva in maniera molto approssimativa, poiché Marte resta in ogni caso un pianeta abbastanza piccolo e la pur minima distanza dalla Terra non è mai inferiore ai 55 milioni di km. Allora come adesso, ciò era un grande ostacolo per chi volesse utilizzare le strumentazioni ottiche ai fini di uno studio sistematico, o meglio per un'"osservazione senza pretese". Bisogna dunque ammettere che il lavoro svolto dagli astronomi del XIX secolo fu un grande impegno realizzato con il massimo utilizzo di tutti i mezzi a disposizione della scienza, sebbene non per colpa loro, quei pionieri dell'astronomia ottenessero spesso risultati controversi e contraddittori.
Cosi erano state già scoperte le calotte polari di Marte, si era osservato quello che poi sarà denominato "Monte Olympus", il più gran monte di Marte e forse di tutto il Sistema Solare (che Schiaparelli chiamò "Nix Olimpica" scambiando le nubi per ghiaccio, posto che questo vulcano spento si eleva ad un'altezza di circa 27 km dal livello medio di Marte e 23,9 dal suolo circostante), si erano intravisti i cosiddetti "canali", giudicati da alcuni di natura artificiale, poi, in un secondo tempo, ritenuti inesistenti, tuttavia successivamente risultati, in parte, consistenti in corsi di origine fluviale, in profonde fosse o in enormi catene montuose.
Si era in pratica di fronte a dati che provocavano dibattiti, confusione, grandi sbandamenti e sconnesse reazioni prevalentemente di stampo conservatore, dove solo alcuni si rendevano conto che era giusto restare nell'attesa di nuovi controlli. Abbiamo accennato alla successiva scoperta (avvenuta nel secolo scorso) della natura fluviale di alcuni fra i canali già osservati alla fine del XIX secolo. Propriamente dopo la formulazione delle prime ipotesi riguardanti i canali, successivamente si procedette alla scoperta di molte strutture fluviali (a partire dagli anni '70 del XX secolo), in merito alla cui esistenza, all'epoca delle prime osservazioni, non era stato possibile formulare alcun tipo di ipotesi.
Come si era giunti a queste nuove scoperte? Si era ora in possesso di nuovi e più potenti telescopi? Nient'affatto. Basti pensare che il maggior telescopio terrestre, l'Hubble, operando fuori della Terra sin dal 1990, se puntato in direzione di Marte, è riuscito a malapena a distinguervi solo alcune fra le maggiori formazioni montuose e nient'altro, s'intende nient'altro di dettagliato.
La scoperta della natura fluviale d'alcuni canali osservati in precedenza, e la scoperta d'altri canali, sempre d'origine fluviale, ed in ogni caso del tutto sconosciuti alle osservazioni degli astronomi del XIX secolo, è stata opera delle rilevazioni satellitari seguite all'inizio dell'era spaziale, in special modo nel "decennio d'oro" dell'esplorazione di Marte cioè dal 1971 al 1982.

Note:
1. Il Pianeta Marte - Estratti dai fascicoli 5 e 6 del 15 febbraio 1893 della Rivista "Natura e Arte".
2. Giovanni Schiaparelli, "La vita sul pianeta Marte", Anno IV - 1895 estratto della Rivista "Natura ed Arte". Successivamente i vari servizi pubblicati dalla rivista saranno raccolti e usciranno come pubblicazione autonoma, con lo stesso titolo del servizio.


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2.1.1. Una nuova metodologia »

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